In questo articolo parlo di Content Curation e Personal Branding applicati ai post sui social media.
Testare formati e contenuti è una delle attività che ogni azienda ed ogni professionista devono svolgere perché non esiste al mondo una legge che vale per tutti nel campo della comunicazione. Esistono esperienze precedenti che possono indicare una strada ma non garantire risultati X o Y.
Al tempo stesso ciò che funziona oggi, fra una settimana potrebbe non funzionare più se cambiamo anche solo un elemento della comunicazione.
Per questo faccio spesso dei test sui social media e sul mio blog per valutare la risposta della mia community e di chi mi segue sui social media.
Da un paio di recenti test (febbraio 2021) su LinkedIn e Facebook ho imparato molte cose su come fare Content Curation e Personal Branding. Attraverso innumerevoli ricerche emerge una delle domande più frequenti che si pongono blogger e aziende.
Perché nessuno commenta i miei post sui social?
Uno dei modi per rispondere è fare Social Media Listening, ovvero prima di scrivere e pubblicare post sui social come se non ci fosse un domani, devi iniziare a pubblicare dei post e poi monitorare la conversazione generata, cioè leggere i commenti, valutare la qualità delle condivisioni e capire cosa pensano i tuoi follower e fan e come puoi segmentarli in base anche alle loro risposte e non solo su base socio-demografica.
Neil Patel in un suo post indica 5 motivi responsabili del mancato engagement dei tuoi post sui social, cioè perché i tuoi post non scatenano reazioni, commenti, condivisioni e like.
- Non consideri i veri desideri della tua audience.
- Dimentichi di fare spazio a nuovi utenti fra gli adulti e i senior, la nuova audience emergente.
- Non fai abbastanza video, almeno uno alla settimana.
- Piccoli errori apparentemente banali distruggono la tua credibilità (errori di grammatica, nelle traduzioni, nel “tone of voice”, ecc.
- Parli troppo senza ascoltare la tua audience (fai Social Media Listening).
Versione audio di questo post alla fine dell'articolo.
Sei fai Social Listening impari anche la Content Curation
Fare Content Curation con lo scopo di creare conversazioni va bene. Primo: scegli la notizia o l’argomento che ti sembra possa interessare la tua comunità; secondo “cura il contenuto” cioè aggiungi la tua opinione oppure sconfessi una notizia o chiedi ai tuoi fan se condividono ciò che hai scritto; terzo pubblichi il post e aspetti di vedere se chi hai menzionato risponde all’invito.
Creare conversazioni per fare Personal Branding va bene. Scrivi un post per smontare un mito, dare una notizia dell’ultima ora che può attirare l’attenzione dei tuoi lettori, fai Content Curation e dopo aver pubblicato il link sul social che preferisci aspetti per vedere cosa succede e, nel frattempo, speri anche che Google si accorga del tuo contenuto.
Purtroppo o per fortuna, ogni tanto accade che tutti i tuoi sforzi vengano vanificati dal comportamento dei tuoi follower o da chi hai menzionato nel tuo post.
La differenza in termini di engagement generato fra citare qualcuno in un post e non farlo può essere grande. I test me lo hanno dimostrato.
Nel tuo post hai menzionato (equivale a invitare qualcuno a commentare) alcuni colleghi, esperti, personaggi celebri ma uno solo risponde e pochissimi altri si limitano a mettere un like.
Tragedia, disastro, catastrofe. Dove ho sbagliato, ti domandi.
Perché due settimane prima hai totalizzato migliaia di visualizzazioni, decine di commenti, alcune menzioni e condivisioni e questa volta il tuo lavoro di ricerca e cura del contenuto non ha sortito gli stessi effetti?
Eppure hai menzionato professionisti autorevoli con una community numerosa che pubblicano molti contenuti gratuiti sui social e in tutto e per tutto sembrano disponibili e “raggiungibili”.
Al di là delle 5 risposte suggerite da Neil Patel ma che si riferiscono alla più generale strategia di social media marketing, il mancato funzionamento delle tue menzioni nel post può dipendere da molte cause. Eccone alcune.
#1 – Il contenuto che hai postato non interessa i professionisti che hai menzionato.
Non sempre le persone che ritieni siano le più indicate a commentare il tuo post, a rispondere alla tua domanda, sono anche quelle più interessate a darti la loro opinione.
Non hai valutato bene il tipo di audience alla quale si rivolgono nei loro canali social, non hai “ascoltato” le loro conversazioni ed analizzato il loro comportamento “sociale”, non ti sei documentato sul sito o blog circa i loro interessi primari quindi non hai identificato i temi che possono interessarli.
#2 – L’argomento del tuo post non li stimola a rispondere.
Forse credono di non avere qualcosa di interessante, nuovo, utile, da comunicare, un commento banale potrebbe essere nocivo alla loro immagine, al loro Personal Branding.
#3 -Tu fai parte del loro network ma non hai mai interagito con loro oppure lo hai fatto raramente.
La loro strategia di Personal Branding non prevede di rispondere ad ogni menzione se proviene da sconosciuti.
Soluzione: prima di menzionare esperti che ti sembrano “brave persone con molto tempo da dedicare a commentare i post altrui”, menziona persone con le quali interagisci più spesso e che hanno già dimostrato di poter commentare adeguatamente una moltitudine di argomenti.
Nel frattempo cerca di migliorare le relazioni con professionisti che domani deciderai di menzionare e che, conoscendoti meglio si fideranno di più quindi, forse, saranno più ben disposti nei tuoi confronti.
#4 – La tua autorevolezza e la tua reputazione ti precedono ovunque.
Chi hai menzionato ha creduto che, se la tua tribù non è corposa (qualche migliaio, decine di migliaia o centinaia di migliaia di follower a seconda del canale social) sei solo uno che sta cercando di guadagnare i classici 15 minuti di fama citando personaggi che sono autorevoli o solo celebri nel loro settore.
Soluzione: vedi il punto precedente. Se non sei nessuno, cerca di diventare qualcuno rendendoti utile e condividendo contenuti utili e pertinenti per quei professionisti che desideri avere come “commentatori”.
#5 – Concorrenti diretti e indiretti sono nemici.
Molti professionisti non commentano i post sui canali social se provengono da concorrenti diretti o indiretti; si limitano a regalare un like ed osservare le reazioni degli altri, menzionati o no.
#6 – Seguire qualcuno sui social non significa essere amici.
Su LinkedIn puoi inviare una richiesta di connessione, sempre, sempre corredata da una nota in cui scrivi cosa ti interessa di quella persona e perché vuoi entrare nel suo network. Evita il pulsante “Connetti” che in automatico fa partire una richiesta di connessione: io li odio anche perché chi li usa non fa MAI seguire un messaggio di ringraziamento o un messaggio dove spiega chi è e cosa vuole.
Oppure puoi scegliere di “seguire” qualcuno, nel qual caso non si inizia alcun rapporto, nessuna conversazione e questo ti mette automaticamente nella lista di “fan sconosciuto”.
Su Facebook hai più o meno le stesse possibilità: mettere “Mi piace” alla pagina di un brand o di un professionista o seguirlo. In entrambi i casi NON sei costretto a inviare note o messaggi e neppure a indicare se conosci la persona oppure avete lavorato insieme, come accadeva una volta su LinkedIn.
Questo implica che se ti piace una pagina o segui un professionista, magari un “I tuoi contenuti mi interessano perché…” sarebbe utile anche per il professionista che almeno riceve un feedback sul lavoro massacrante che fa per darti “contenuti di valore”.
In ogni caso, se non stabilisci un contatto, una connessione, se non inizi una conversazione che porti avanti periodicamente non aspettarti di essere preso in considerazione ogni volta che menzioni qualcuno che di te non sa nulla!
#7 – Le celebrità non sempre si preoccupano della loro reputazione.
Ovviamente dovrebbe essere il contrario, soprattutto in questa epoca ipercomunicativa che verrà ricordata per l’era che ha reso eterna l’affermazione di Andy Warhol “In futuro ognuno sarà famoso in tutto il mondo per 15 minuti”.
Tuttavia menzionare celebrità come personaggi famosi, chef, influencer, modelle o modelli, attori, artisti, atleti, celebrità della tv o “miracolati dalla tv” non sempre consente di ottenere commenti o risposte e quando succede non è detto che siano appropriati, costruttivi e funzionali al tuo obiettivo di comunicazione e condivisione.
#8 – Esperti, speaker, professionisti, celebrità sono più sensibili all’ironia.
Per dirla tutta è più facile smuovere l’attenzione di un personaggio famoso, un esperto sotto i riflettori, un guru in qualcosa se il post contiene un’affermazione che suona come un attacco personale o un critica ad un’intera categoria.
La controversia è una tecnica consigliata da alcuni professionisti del marketing e della comunicazione che non mi sento di appoggiare. Anche se, oramai, risulta evidente che trasforma un post banale in un post virale che in pochi minuti può fare il giro del mondo uscendo da quello virtuale per approdare nel mondo reale della carta stampata.
Tuttavia è una strada piena di buche e ostacoli che non consiglio perché per portare risultati in termini di viralità e popolarità deve essere utilizzata da personaggi famosi nei confronti di altri simili. Se un “poveraccio” con mille fan su Facebook dovesse usare questa tecnica citando una celebrity nessuno lo noterebbe. Se non il suo “ego”.
#9 – Abusare delle menzioni sui social.
Alcuni professionisti perdono interesse nei tuoi post sui social se vengono menzionati troppo spesso. Quindi non menzionare sempre le stesse persone anche perché cambiando il tuo contenuto, dovrai necessariamente cercare di coinvolgere gli esperti in quel settore e non sempre i soliti tuttologi. A volte vanno bene, a volte no.
#10 – Chi pubblica molti contenuti gratuiti sta attuando una sua strategia di Personal Branding
Chi utilizza i canali social per fare Content Curation, Personal Branding, aumentare autorevolezza e trust dei lettori non sempre è una persona interessata a condividere conoscenza; al contrario può essere più incline a produrre contenuti per azioni a senso unico.
In breve: alcuni “grossi nomi” pensano solo che si debba “chiedere attenzione” senza, prima, offrire qualcosa, mentre, come sai, prima devi dare se vuoi ricevere. Ogni cosa che dai ti ritorna in qualche modo, sempre, ma non tutti ci arrivano.
#11 – Ogni professionista ha la sua community.
Chi hai menzionato non è interessato a condividere informazioni, aiutare il lettore, ampliare gli orizzonti della tua community perché non è la sua. Anche se fai Content Curation citando un tema che riguarda, ad esempio, una nuova legge sulla privacy, non è detto che se menzioni un avvocato famoso sui social questi commenterà il tuo post. Salvo che tu, con questo esperto, non abbia prima instaurato un rapporto che va oltre il “seguimi” o la richiesta di connessione.
#12 – Chi pubblica molti post e commenta molto a volte lo fa inconsciamente.
Molti commenti ai tuoi post giungono da persone che hanno bisogno di conferme continue perciò hanno la tendenza ad esprimere la propria opinione anche su temi che non li riguardano personalmente o professionalmente.
Fare Content Curation sui social media può avere due conseguenze: commenti appropriati, utili, condivisi da altri che a loro volta ti menzionano creando una catena utile al tuo “brand” e commenti brevi, fuori tema, risposte con un tono sarcastico quasi polemico se non insulti velati nascosti da frasi retoriche, per chi sa cosa sia la retorica quando la usa. Oppure zero engagement. Sii preparato a risultati inaspettati.
#13 – Credi di aver creato un post fantastico ma non suscita emozioni.
Il tuo post sui social non è abbastanza provocante, non attira l’attenzione, non mette in moto i neurotrasmettitori sui quali lavorano gli storyteller ed i copywriter professionisti; i tre ormoni che chi fa storytelling conosce bene sono la dopamina, l’ossitocina e le endorfine. Usa tecniche per attivare questi ormoni e i tuoi contenuti otterranno più attenzione, più engagement, più like, più risultati. E saranno percepiti come più umani, più autentici, più vicini ai bisogni della tua tribù.
#14 – Il club riservato ai soli iscritti
Molti professionisti menzionati nei tuoi post, ottengono centinaia o migliaia di menzioni, cioè “inviti alla conversazione” e rispondere a tutte le menzioni in modo appropriato è un lavoraccio, quindi hanno deciso di commentare solo i post di amici o follower coi quali interagiscono più spesso e tralasciare tutti gli altri.
Giusto o sbagliato è una loro scelta. Comunque sia non rispondere anche con un commento di sole 5 righe è una strada che ti consiglio di non prendere.
Se vuoi fare Personal Branding seriamente, ogni menzione richiede la tua attenzione perché non sai cosa o chi si nasconde dietro un post.
Potrebbe trattarsi di un post che viene notato da un potenziale cliente che tu neppure conosci e che il giorno stesso ti invia un messaggio come questo: “Buongiorno, ho letto un suo commento su LinkedIn e mi sono fatto l’idea che lei sia proprio la persona che stiamo cercando.”
Ascolta la versione audio di questo post.
Paragrafo aggiunto l’1 novembre 2021 che non trovi nella versione audio.
Dopo aver letto questi consigli avrai pensato: “Cavolo devo iniziare subito a fare video, dirette su Facebook e scrivere post ogni giorno!”
Non proprio e il motivo è che non tutti gli imprenditori ed i professionisti devono fare Personal Branding. Per la verità solo pochi professionisti dovrebberlo avvicinarsi a questo strumento del Brand Positioning.
Quindi se sono il titolare di un’azienda che produce caldaie non devo espormi in prima persona? No!
Il Brand Positioning della tua azienda è una cosa, la tua autorevolezza personale è un’altra cosa e puoi dimostrarla senza costruirti un monumento in giardino.
Per il momento non mi dilungo più di tanto sul tema perché la citazione è chiara: se tu ti identifichi con la tua attività, in quel caso puoi fare Personal Branding, diversamente lascia perdere perché il Personal Branding richiede una montagna di tempo e di capacità.
Non ascoltare chi ti vuole convincere che aprire un canale su YouTube e fare un video alla settimana ti porterà notorietà e nuovi clienti.
Il 90% di quello che ti vogliono far credere questi signori e signorine è una colossale stupidaggine anche se tutto il mondo ha deciso che è il nuovo Eldorado.
Purtroppo molti professionisti, preda di un ego fuori controllo, cadono in questa trappola. Da cosa capisci che lo hanno fatto inconsapevolmente? Dopo pochi video, dirette, post sul blog, mollano. Tempo e capacità personali non li trovi per strada e sono i due elementi fondamentali per un Personal Branding che funzioni.
Ne parlerò più in dettaglio in un prossimo post. Iscriviti al mio blog per ricevere un messaggio prima di tutti gli altri ogni volta che pubblico un nuovo articolo.
P.S. In questo momento sto preparando anche un gadget gratis solo per i nuovi iscritti. Magari sarai fra i primi a riceverlo.
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