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I rumori nella comunicazione

Quando comunichiamo con una o più persone diamo per scontato che il nostro messaggio raggiunga il ricevente esattamente come la nostra mente l’ha partorito. Non accade quasi mai. Perché?

I Rumori Nella Comunicazione - Fumetto Di Due Persone Che Hanno Problemi Di Comunicazione.

Quante volte hai troncato una conversazione perché “non c’è nulla da fare, non capisce…”?

Oppure perché l’altra persona non ti lascia parlare, spiegare fino in fondo il tuo punto di vista, dire la tua opinione, illustrare le tue idee?

E quante altre volte hai dovuto alzare un po’ la voce perché l’altra persona sembra distratta o ti interrompe di continuo?

La causa è sempre un rumore che interferisce nella comunicazione ma che nessuno cita mai.

Elementi della comunicazione.

È comunemente accettato che nella comunicazione fra emittente (ad esempio io) e ricevente (in questo momento tu che stai leggendo), diversi tipi di “rumori” interferiscono con l’invio, la ricezione e l’interpretazione del messaggio comunicato.

Grafico che illustra il fenomeno dei rumori della comunicazione.

Nel “nostro” caso gli elementi sono i seguenti:

  • Emittente: io
  • Messaggio: il post che stai leggendo
  • Ricevente: tu
  • Contesto: la situazione in cui avviene la comunicazione. Diciamo che stai leggendo in ufficio durante la pausa pranzo.
  • Referente: il tema oggetto del messaggio. I rumori nella comunicazione.
  • Canale: il mezzo attraverso cui avviene la comunicazione. Diciamo il tuo smartphone.
  • Codice: il linguaggio utilizzato per comunicare. Italiano scritto su mezzo digitale.

Riassumiamo: da una parte ci sono io che invio a te un messaggio, ad esempio questo articolo. Dall’altra parte ci sei tu che stai leggendo.

Lungo la strada che il mio messaggio percorre per raggiungerti, si manifestano i cosiddetti rumori della comunicazione interpersonale, o disturbi della comunicazione, quelli che sono presentati di solito come “elementi della comunicazione” e che sono suddivisi spesso in disturbi oggettivi, quelli ambientali e in disturbi soggettivi, le distrazioni che stimolano i nostri sensi. E sembra che sia tutto qui, semplice da capire e facile da individuare.

I tipi di disturbi più comuni sono immagini, suoni, colori, odori e altri stimoli; ci colpiscono mentre cerchiamo di percepire un messaggio e distolgono l’attenzione del ricevente dal messaggio.

Tutti d’accordo fino a questo punto.

Siamo certi di non aver dimenticato il rumore più forte?

Siamo talmente abituati a vedere solo quello che indica il dito che dimentichiamo di osservare più a fondo i nostri comportamenti quotidiani e questo ha ripercussioni che non immaginiamo neppure, sulla nostra vita privata così come sul lavoro.

Parlo del rumore psicologico.


Il rumore psicologico si riferisce a pensieri e sentimenti che proviamo e che competono con altri rumori e con il messaggio dell’emittente per attirare la nostra attenzione.

(Da “Comunicate!” di K. Verderber, R. Verderber e D. Sellnows)

Sembra che esistano quattro tipi di rumori nella comunicazione.

Il rumore fisiologico è la distrazione causata dalla fame, stanchezza, mal di testa, farmaci e altri fattori che influenzano il nostro modo di sentire e pensare. Il rumore fisico è un’interferenza nell’ambiente in cui viviamo, come i rumori prodotti da altri, luci troppo basse o luminose, spam e annunci pop-up, temperature estreme e condizioni di affollamento, condizioni di affollamento. Il rumore psicologico si riferisce alle nostre proprie caratteristiche che influenzano il modo in cui comunichiamo e al modo in cui interpretiamo gli altri. Per esempio, se siete preoccupati per un problema, potreste essere disattenti durante una riunione di lavoro. Allo stesso modo, pregiudizi e sentimenti difensivi possono interferire con la comunicazione. Anche i nostri bisogni possono influenzare il modo in cui interpretiamo gli altri. Per esempio, se abbiamo davvero bisogno di affermare la nostra competenza professionale, possiamo essere predisposti a percepire che gli altri ci facciano più complimenti per il nostro lavoro di quanto non facciano in realtà. Infine, il rumore semantico si manifesta quando le parole stesse non sono comprese reciprocamente. Certi scrittori, a volte, creano rumore semantico usando un gergo o un linguaggio inutilmente tecnico.” (Da: Interpersonal  Communication, Julia T. Wood)

Secondo me il rumore psicologico viene liquidato in fretta, con poche parole e, soprattutto evitando di analizzarlo in profondità e non solo dagli autori citati.

Da cosa è formato il rumore psicologico?

Prendiamo, ad esempio, una conversazione fra noi e un collega, un amico/a, un parente, un cliente.

Siamo sempre in grado di ascoltare con totale attenzione? Cerchiamo sempre di capire le profonde motivazioni dell’altro, cosa ci sta nascondendo? Riusciamo sempre a lasciare che le sue opinioni si esprimano compiutamente senza giudicarle e, soprattutto senza giudicare la persona?

Ciò che accade più spesso è che mentre qualcuno ci parla ci prepariamo a replicare, “pensiamo” a una risposta anche se non ci è stata fatta una domanda precisa.

Ascoltiamo solo quello che ci serve per costruire un feedback, una replica che “tuteli” i nostri interessi, riconosca i nostri bisogni, appaghi uno stato psico-fisico.

Il più importante rumore nella comunicazione oggigiorno è costituito dai nostri pensieri.

Come un branco di topi in fuga si accavallano nella nostra mente, premono per manifestarsi in forma di parole e illustrare la nostra visione dei fatti, comunicare le nostre opinioni, ottenere ragione sull’altro.

Sovente, lo scopo dei nostri pensieri durante una conversazione è di spostare l’attenzione su noi stessi, i nostri problemi, le nostre esigenze del momento, il nostro bisogno inconsapevole di soddisfare le richieste dell’ego, il nostro desiderio di prevalere sull’altro – più spesso di dimostrare di essere diversi ponendo noi stessi un gradino più in alto (io so più di te, io sono migliore di te, io sono più intelligente di te, più ricco, …) o più in basso (io sono più ammalato di te, più sfortunato di te, più vittima di te, i miei problemi sono più grandi dei tuoi, …).

Perché ho messo in grassetto i “nostri” pensieri?

Perché è una delle cause principali della nostra difficoltà nel comunicare: siamo certi che i pensieri ci appartengano, che siamo noi a generarli o la nostra mente e che noi “siamo” i nostri pensieri (penso dunque sono).

È il problema dei problemi: io, il mio, me stesso.

Il rumore psicologico, quello prodotto dai pensieri che premono per manifestarsi è la principale causa dell’incomprensione fra le persone.

Non siamo distratti solo da immagini, suoni, odori e colori, dall’abbigliamento di chi ci parla, dal suo modo di gesticolare, dall’evidente intervento per nascondere le rughe o dal tatuaggio sul collo che sbuca dalla camicia o dallo smalto sulle unghie eccessivamente rosso.

È vero: questi sono i rumori che richiedono la nostra attenzione prima di tutto perché sono i più visibili e che comprendono anche il contesto, il referente, il canale e il codeice. come indicato dal grafico.

Tuttavia, i pensieri e la nostra incapacità di essere consapevoli, nella comunicazione interpersonale restano i rumori più difficili da individuare, perciò i più importanti.

Perché come fa dire Shakespeare al suo Amleto:

Non esiste nulla che sia buono o cattivo (in sé) ma è il pensiero che lo rende tale.

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Quante volte hai troncato una conversazione perché “non c’è nulla da fare, non capisce…”?

Oppure perché l’altra persona non ti lascia parlare, spiegare fino in fondo il tuo punto di vista, dire la tua opinione, illustrare le tue idee?

E quante altre volte hai dovuto alzare un po’ la voce perché l’altra persona sembra distratta o ti interrompe di continuo?

La causa è sempre un rumore che interferisce nella comunicazione ma che nessuno cita mai.

Elementi della comunicazione.

È comunemente accettato che nella comunicazione fra emittente (ad esempio io) e ricevente (in questo momento tu che stai leggendo), diversi tipi di “rumori” interferiscono con l’invio, la ricezione e l’interpretazione del messaggio comunicato.

Grafico che illustra il fenomeno dei rumori della comunicazione.

Nel “nostro” caso gli elementi sono i seguenti:

  • Emittente: io
  • Messaggio: il post che stai leggendo
  • Ricevente: tu
  • Contesto: la situazione in cui avviene la comunicazione. Diciamo che stai leggendo in ufficio durante la pausa pranzo.
  • Referente: il tema oggetto del messaggio. I rumori nella comunicazione.
  • Canale: il mezzo attraverso cui avviene la comunicazione. Diciamo il tuo smartphone.
  • Codice: il linguaggio utilizzato per comunicare. Italiano scritto su mezzo digitale.

Riassumiamo: da una parte ci sono io che invio a te un messaggio, ad esempio questo articolo. Dall’altra parte ci sei tu che stai leggendo.

Lungo la strada che il mio messaggio percorre per raggiungerti, si manifestano i cosiddetti rumori della comunicazione interpersonale, o disturbi della comunicazione, quelli che sono presentati di solito come “elementi della comunicazione” e che sono suddivisi spesso in disturbi oggettivi, quelli ambientali e in disturbi soggettivi, le distrazioni che stimolano i nostri sensi. E sembra che sia tutto qui, semplice da capire e facile da individuare.

I tipi di disturbi più comuni sono immagini, suoni, colori, odori e altri stimoli; ci colpiscono mentre cerchiamo di percepire un messaggio e distolgono l’attenzione del ricevente dal messaggio.

Tutti d’accordo fino a questo punto.

Siamo certi di non aver dimenticato il rumore più forte?

Siamo talmente abituati a vedere solo quello che indica il dito che dimentichiamo di osservare più a fondo i nostri comportamenti quotidiani e questo ha ripercussioni che non immaginiamo neppure, sulla nostra vita privata così come sul lavoro.

Parlo del rumore psicologico.


Il rumore psicologico si riferisce a pensieri e sentimenti che proviamo e che competono con altri rumori e con il messaggio dell’emittente per attirare la nostra attenzione.

(Da “Comunicate!” di K. Verderber, R. Verderber e D. Sellnows)

Sembra che esistano quattro tipi di rumori nella comunicazione.

Il rumore fisiologico è la distrazione causata dalla fame, stanchezza, mal di testa, farmaci e altri fattori che influenzano il nostro modo di sentire e pensare. Il rumore fisico è un’interferenza nell’ambiente in cui viviamo, come i rumori prodotti da altri, luci troppo basse o luminose, spam e annunci pop-up, temperature estreme e condizioni di affollamento, condizioni di affollamento. Il rumore psicologico si riferisce alle nostre proprie caratteristiche che influenzano il modo in cui comunichiamo e al modo in cui interpretiamo gli altri. Per esempio, se siete preoccupati per un problema, potreste essere disattenti durante una riunione di lavoro. Allo stesso modo, pregiudizi e sentimenti difensivi possono interferire con la comunicazione. Anche i nostri bisogni possono influenzare il modo in cui interpretiamo gli altri. Per esempio, se abbiamo davvero bisogno di affermare la nostra competenza professionale, possiamo essere predisposti a percepire che gli altri ci facciano più complimenti per il nostro lavoro di quanto non facciano in realtà. Infine, il rumore semantico si manifesta quando le parole stesse non sono comprese reciprocamente. Certi scrittori, a volte, creano rumore semantico usando un gergo o un linguaggio inutilmente tecnico.” (Da: Interpersonal  Communication, Julia T. Wood)

Secondo me il rumore psicologico viene liquidato in fretta, con poche parole e, soprattutto evitando di analizzarlo in profondità e non solo dagli autori citati.

Da cosa è formato il rumore psicologico?

Prendiamo, ad esempio, una conversazione fra noi e un collega, un amico/a, un parente, un cliente.

Siamo sempre in grado di ascoltare con totale attenzione? Cerchiamo sempre di capire le profonde motivazioni dell’altro, cosa ci sta nascondendo? Riusciamo sempre a lasciare che le sue opinioni si esprimano compiutamente senza giudicarle e, soprattutto senza giudicare la persona?

Ciò che accade più spesso è che mentre qualcuno ci parla ci prepariamo a replicare, “pensiamo” a una risposta anche se non ci è stata fatta una domanda precisa.

Ascoltiamo solo quello che ci serve per costruire un feedback, una replica che “tuteli” i nostri interessi, riconosca i nostri bisogni, appaghi uno stato psico-fisico.

Il più importante rumore nella comunicazione oggigiorno è costituito dai nostri pensieri.

Come un branco di topi in fuga si accavallano nella nostra mente, premono per manifestarsi in forma di parole e illustrare la nostra visione dei fatti, comunicare le nostre opinioni, ottenere ragione sull’altro.

Sovente, lo scopo dei nostri pensieri durante una conversazione è di spostare l’attenzione su noi stessi, i nostri problemi, le nostre esigenze del momento, il nostro bisogno inconsapevole di soddisfare le richieste dell’ego, il nostro desiderio di prevalere sull’altro – più spesso di dimostrare di essere diversi ponendo noi stessi un gradino più in alto (io so più di te, io sono migliore di te, io sono più intelligente di te, più ricco, …) o più in basso (io sono più ammalato di te, più sfortunato di te, più vittima di te, i miei problemi sono più grandi dei tuoi, …).

Perché ho messo in grassetto i “nostri” pensieri?

Perché è una delle cause principali della nostra difficoltà nel comunicare: siamo certi che i pensieri ci appartengano, che siamo noi a generarli o la nostra mente e che noi “siamo” i nostri pensieri (penso dunque sono).

È il problema dei problemi: io, il mio, me stesso.

Il rumore psicologico, quello prodotto dai pensieri che premono per manifestarsi è la principale causa dell’incomprensione fra le persone.

Non siamo distratti solo da immagini, suoni, odori e colori, dall’abbigliamento di chi ci parla, dal suo modo di gesticolare, dall’evidente intervento per nascondere le rughe o dal tatuaggio sul collo che sbuca dalla camicia o dallo smalto sulle unghie eccessivamente rosso.

È vero: questi sono i rumori che richiedono la nostra attenzione prima di tutto perché sono i più visibili e che comprendono anche il contesto, il referente, il canale e il codeice. come indicato dal grafico.

Tuttavia, i pensieri e la nostra incapacità di essere consapevoli, nella comunicazione interpersonale restano i rumori più difficili da individuare, perciò i più importanti.

Perché come fa dire Shakespeare al suo Amleto:

Non esiste nulla che sia buono o cattivo (in sé) ma è il pensiero che lo rende tale.

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