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Marketing, comunicazione, neuroscienze. Siamo prevedibili?

Marketing Comunicazione Neuroscienze - Uomo Al Supermercato

Non c’è scampo: vogliamo a tutti i costi riuscire a prevedere il comportamento delle persone. Ma è davvero possibile riuscirci? È davvero utile?

La domanda delle domande: “Possiamo prevedere il comportamento dei consumatori?”

Al Computer Science and Artificial Intelligence Laboratory dell’Mit, come riportato dal post citato, hanno inventato una macchina, “una Data Science Machine: un sistema automatico in grado di sviluppare modelli predittivi partendo da grandi database di dati grezzi, come possono essere ad esempio le informazioni raccolte nei server di Google o di Facebook.”

Modelli predittivi, appunto. Perché le azioni di marketing e comunicazione, si possono spiegare solo a posteriori. Dopo che ogni intervento ha ottenuto dei risultati, qualsiasi risultato. Possiamo giudicarne l’aderenza agli obbiettivi, la qualità, ma solo quando abbiamo dei report in mano, e abbiamo sotto il naso l’andamento delle vendite, il numero di partecipanti a un evento, i dati dell’audience, le conversioni dai social media o dai Pay-per-click, il numero di pagine viste, i click sul form della landing page e le conversioni in Analytics.

Questo sistema ha bisogno di previsioni per funzionare

Proviamo, in tutti i modi più o meno empirici e con qualche fondamento scientifico, a prevedere il comportamento dei potenziali clienti quando passano davanti a un’insegna, quando vedono uno spot alla tv o un banner su Internet o un post sponsorizzato su Facebook. Ma non possiamo fare altro che aspettare e vedere cosa succede. Fare test, usare modelli e fare paragoni con teorie e tecniche “del passato”. Ma dobbiamo comunque attendere e sperare di poter avere abbastanza informazioni da analizzare, dopo.

Senza le previsioni niente funziona, oggi. Dobbiamo cercare di prevedere le vendite a fronte di un certo budget, il numero di passanti davanti al nostro cartellone pubblicitario, il numero di potenziali lettori di un mezzo stampa. Tuttavia non ci resta che affidarci agli esperimenti degli altri, alle esperienze di chi ha già provato interventi simili, alla speranza che ciò che stiamo facendo somigli il più possibile a chi c’è già passato e ha avuto successo. Insomma, proviamo a ripetere il successo delle azioni di altri, cercando di fare le cose allo stesso modo, alle stesse condizioni.

Quindi possiamo prevedere il risultato delle azioni di marketing e comunicazione?

Oggi possiamo perfino fotografare il cervello delle persone e capire se diventeranno dei potenziali criminali? Pare di si, come nei film. Lo riporta un articolo di “Le Scienze” : “Le moderne tecniche di brain imaging ci permetteranno di prevedere le future capacità di apprendimento di un bambino, la risposta alle terapie di una persona depressa, o addirittura la tendenza a delinquere di un soggetto?”

Resta il fatto che da J.M Keynes a tutti grandi economisti dei giorni nostri, impegnati in tentativi più o meno disastrosi di prevedere e influenzare le politiche economiche delle nazioni della Terra, dal primo vero marketer, John R. Brinkley, inventore della pubblicità radiofonica, ai tycoon (magnati, grandi industriali) dell’era della comunicazione, nessuno ha mai azzeccato una previsione. Perfino Bill Gates snobbò Internet come una moda passeggera.

“L’anima del nuovo consumatore è un labirinto di emozioni, preferenze, comportamenti, preoccupazioni e fedeltà.” Lo scrive il professor Francesco Gallucci, in “Marketing emozionale e neuroscienze”. Se vuoi approfondire l’argomento te lo consiglio.

Ma l’anima del consumatore è sempre stata quel labirinto di emozioni, fin dagli albori della pubblicità e del marketing. Anche in epoca vittoriana i farmacisti dovevano preoccuparsi di trovare modi per vendere prodotti nuovi e miracolosi usando stratagemmi di marketing ante litteram. Perciò cos’è cambiato?

Tuttavia non è analizzando dati grezzi come quelli che regaliamo volentieri a Facebook, Google, Amazon, Ebay, e tutti i social media, che potremo prevedere il comportamento delle persone. E credo che in molti casi non sia neppure necessario.

Oggigiorno, tutti noi, abbiamo problemi, interessi ed esigenze. Osserviamoli bene, cerchiamo di sapere quali sono, cercandoli sui social, parlando con le persone, facendo sondaggi e interviste, online e offline. Sono quelli i desideri e i sogni delle persone ai quali dobbiamo dare risposte concrete e capaci di parlare alle emozioni e al cervello.

Conclusione?

Siamo o no prevedibili? Secondo me la risposta può essere solo affermativa. E la tecnologia che oggi ci consente di sapere di più sul funzionamento del cervello può solo aiutarci a confermare ciò che in molti hanno scritto centinaia di anni fa.

I nostri comportamenti, le nostre reazioni difronte a determinati eventi, in occasioni che possono essere ripetute in laboratorio, sono assolutamente prevedibili, magari in certi casi non al 100% ma possiamo affermare che oggi le aziende dispongono di una tale quantità di informazioni, dati e strumenti da poter utilizzare per prevedere con un certo grado di attendibilità se gli investimenti in comunicazione e marketing daranno certi risultati.

Bastano pochi esperimenti che possiamo fare da soli per scoprire che siamo più prevedibili di quanto immaginiamo.

Avete mai notato le vostre reazioni quando qualcuno vi dice qualcosa che vi lusinga oppure che vi fa arrabbiare? La prossima volta che qualcuno mi manda a quel paese perché non avete usato la freccia in auto prima di cambiare corsia o entrare in una strada laterale, ricordatevi di controllare la vostra reazione, sempre se ci riuscite e noterete che quel “vaffa” è un trigger come tanti altri, un bottone che qualcuno a premuto e che ha acceso un vostro comportamento automatico.

Ci fermiamo qui? Massì dai, se volete saperne di più sui trigger leggete quel libro di Gallucci oppure continuate a seguire il mio blog. Ne parlerò ancora di questa faccenda del “pilota automatico” che è quella reazione che parte da sola, senza che ce ne accorgiamo e che accomuna milioni di persone in tutto il mondo. Prevedibile eh?

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Offro soluzioni, spesso originali e consigli a piccole imprese su temi relativi a comunicazione aziendale, web marketing, copywriting, naming, social media, Brand Positioning, SEO.

Le mie competenze sono a disposizione di aziende e professionisti che desiderano creare relazioni con potenziali clienti impiegando i mezzi della comunicazione crossmediale, il Web Marketing e il Social Media Marketing.

Non c’è scampo: vogliamo a tutti i costi riuscire a prevedere il comportamento delle persone. Ma è davvero possibile riuscirci? È davvero utile?

La domanda delle domande: “Possiamo prevedere il comportamento dei consumatori?”

Al Computer Science and Artificial Intelligence Laboratory dell’Mit, come riportato dal post citato, hanno inventato una macchina, “una Data Science Machine: un sistema automatico in grado di sviluppare modelli predittivi partendo da grandi database di dati grezzi, come possono essere ad esempio le informazioni raccolte nei server di Google o di Facebook.”

Modelli predittivi, appunto. Perché le azioni di marketing e comunicazione, si possono spiegare solo a posteriori. Dopo che ogni intervento ha ottenuto dei risultati, qualsiasi risultato. Possiamo giudicarne l’aderenza agli obbiettivi, la qualità, ma solo quando abbiamo dei report in mano, e abbiamo sotto il naso l’andamento delle vendite, il numero di partecipanti a un evento, i dati dell’audience, le conversioni dai social media o dai Pay-per-click, il numero di pagine viste, i click sul form della landing page e le conversioni in Analytics.

Questo sistema ha bisogno di previsioni per funzionare

Proviamo, in tutti i modi più o meno empirici e con qualche fondamento scientifico, a prevedere il comportamento dei potenziali clienti quando passano davanti a un’insegna, quando vedono uno spot alla tv o un banner su Internet o un post sponsorizzato su Facebook. Ma non possiamo fare altro che aspettare e vedere cosa succede. Fare test, usare modelli e fare paragoni con teorie e tecniche “del passato”. Ma dobbiamo comunque attendere e sperare di poter avere abbastanza informazioni da analizzare, dopo.

Senza le previsioni niente funziona, oggi. Dobbiamo cercare di prevedere le vendite a fronte di un certo budget, il numero di passanti davanti al nostro cartellone pubblicitario, il numero di potenziali lettori di un mezzo stampa. Tuttavia non ci resta che affidarci agli esperimenti degli altri, alle esperienze di chi ha già provato interventi simili, alla speranza che ciò che stiamo facendo somigli il più possibile a chi c’è già passato e ha avuto successo. Insomma, proviamo a ripetere il successo delle azioni di altri, cercando di fare le cose allo stesso modo, alle stesse condizioni.

Quindi possiamo prevedere il risultato delle azioni di marketing e comunicazione?

Oggi possiamo perfino fotografare il cervello delle persone e capire se diventeranno dei potenziali criminali? Pare di si, come nei film. Lo riporta un articolo di “Le Scienze” : “Le moderne tecniche di brain imaging ci permetteranno di prevedere le future capacità di apprendimento di un bambino, la risposta alle terapie di una persona depressa, o addirittura la tendenza a delinquere di un soggetto?”

Resta il fatto che da J.M Keynes a tutti grandi economisti dei giorni nostri, impegnati in tentativi più o meno disastrosi di prevedere e influenzare le politiche economiche delle nazioni della Terra, dal primo vero marketer, John R. Brinkley, inventore della pubblicità radiofonica, ai tycoon (magnati, grandi industriali) dell’era della comunicazione, nessuno ha mai azzeccato una previsione. Perfino Bill Gates snobbò Internet come una moda passeggera.

“L’anima del nuovo consumatore è un labirinto di emozioni, preferenze, comportamenti, preoccupazioni e fedeltà.” Lo scrive il professor Francesco Gallucci, in “Marketing emozionale e neuroscienze”. Se vuoi approfondire l’argomento te lo consiglio.

Ma l’anima del consumatore è sempre stata quel labirinto di emozioni, fin dagli albori della pubblicità e del marketing. Anche in epoca vittoriana i farmacisti dovevano preoccuparsi di trovare modi per vendere prodotti nuovi e miracolosi usando stratagemmi di marketing ante litteram. Perciò cos’è cambiato?

Tuttavia non è analizzando dati grezzi come quelli che regaliamo volentieri a Facebook, Google, Amazon, Ebay, e tutti i social media, che potremo prevedere il comportamento delle persone. E credo che in molti casi non sia neppure necessario.

Oggigiorno, tutti noi, abbiamo problemi, interessi ed esigenze. Osserviamoli bene, cerchiamo di sapere quali sono, cercandoli sui social, parlando con le persone, facendo sondaggi e interviste, online e offline. Sono quelli i desideri e i sogni delle persone ai quali dobbiamo dare risposte concrete e capaci di parlare alle emozioni e al cervello.

Conclusione?

Siamo o no prevedibili? Secondo me la risposta può essere solo affermativa. E la tecnologia che oggi ci consente di sapere di più sul funzionamento del cervello può solo aiutarci a confermare ciò che in molti hanno scritto centinaia di anni fa.

I nostri comportamenti, le nostre reazioni difronte a determinati eventi, in occasioni che possono essere ripetute in laboratorio, sono assolutamente prevedibili, magari in certi casi non al 100% ma possiamo affermare che oggi le aziende dispongono di una tale quantità di informazioni, dati e strumenti da poter utilizzare per prevedere con un certo grado di attendibilità se gli investimenti in comunicazione e marketing daranno certi risultati.

Bastano pochi esperimenti che possiamo fare da soli per scoprire che siamo più prevedibili di quanto immaginiamo.

Avete mai notato le vostre reazioni quando qualcuno vi dice qualcosa che vi lusinga oppure che vi fa arrabbiare? La prossima volta che qualcuno mi manda a quel paese perché non avete usato la freccia in auto prima di cambiare corsia o entrare in una strada laterale, ricordatevi di controllare la vostra reazione, sempre se ci riuscite e noterete che quel “vaffa” è un trigger come tanti altri, un bottone che qualcuno a premuto e che ha acceso un vostro comportamento automatico.

Ci fermiamo qui? Massì dai, se volete saperne di più sui trigger leggete quel libro di Gallucci oppure continuate a seguire il mio blog. Ne parlerò ancora di questa faccenda del “pilota automatico” che è quella reazione che parte da sola, senza che ce ne accorgiamo e che accomuna milioni di persone in tutto il mondo. Prevedibile eh?

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